Author Dante Alighieri Dal centro al cerchio, e si` dal cerchio al centro movesi l'acqua in un ritondo vaso, secondo ch'e` percosso fuori o dentro:ne la mia mente fe' subito caso questo ch'io dico, si` come si tacque la gloriosa vita di Tommaso,per la similitudine che nacque del suo parlare e di quel di Beatrice, a cui si` cominciar, dopo lui, piacque: ne' con la voce ne' pensando ancora, d'un altro vero andare a la radice.Diteli se la luce onde s'infiora vostra sustanza, rimarra` con voi etternalmente si` com'ell'e` ora;e se rimane, dite come, poi che sarete visibili rifatti, esser pora` ch'al veder non vi noi>>.Come, da piu` letizia pinti e tratti, a la fiata quei che vanno a rota levan la voce e rallegrano li atti,cosi`, a l'orazion pronta e divota, li santi cerchi mostrar nova gioia nel torneare e ne la mira nota.Qual si lamenta perche' qui si moia per viver cola` su`, non vide quive lo refrigerio de l'etterna ploia.Quell'uno e due e tre che sempre vive e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno, non circunscritto, e tutto circunscrive,tre volte era cantato da ciascuno di quelli spirti con tal melodia, ch'ad ogne merto saria giusto muno.E io udi' ne la luce piu` dia del minor cerchio una voce modesta, forse qual fu da l'angelo a Maria,risponder: di paradiso, tanto il nostro amore si raggera` dintorno cotal vesta.La sua chiarezza seguita l'ardore; l'ardor la visione, e quella e` tanta, quant'ha di grazia sovra suo valore.Come la carne gloriosa e santa fia rivestita, la nostra persona piu` grata fia per esser tutta quanta;per che s'accrescera` cio` che ne dona di gratuito lume il sommo bene, lume ch'a lui veder ne condiziona;onde la vision crescer convene, crescer l'ardor che di quella s'accende, crescer lo raggio che da esso vene.Ma si` come carbon che fiamma rende, e per vivo candor quella soverchia, si` che la sua parvenza si difende;cosi` questo folgor che gia` ne cerchia fia vinto in apparenza da la carne che tutto di` la terra ricoperchia;ne' potra` tanta luce affaticarne: che' li organi del corpo saran forti a tutto cio` che potra` dilettarne>>.Tanto mi parver subiti e accorti e l'uno e l'altro coro a dicer >, che ben mostrar disio d'i corpi morti:forse non pur per lor, ma per le mamme, per li padri e per li altri che fuor cari anzi che fosser sempiterne fiamme.Ed ecco intorno, di chiarezza pari, nascere un lustro sopra quel che v'era, per guisa d'orizzonte che rischiari.E si` come al salir di prima sera comincian per lo ciel nove parvenze, si` che la vista pare e non par vera,parvemi li` novelle sussistenze cominciare a vedere, e fare un giro di fuor da l'altre due circunferenze.Oh vero sfavillar del Santo Spiro! come si fece subito e candente a li occhi miei che, vinti, nol soffriro!Ma Beatrice si` bella e ridente mi si mostro`, che tra quelle vedute si vuol lasciar che non seguir la mente.Quindi ripreser li occhi miei virtute a rilevarsi; e vidimi translato sol con mia donna in piu` alta salute.Ben m'accors'io ch'io era piu` levato, per l'affocato riso de la stella, che mi parea piu` roggio che l'usato.Con tutto 'l core e con quella favella ch'e` una in tutti, a Dio feci olocausto, qual conveniesi a la grazia novella.E non er'anco del mio petto essausto l'ardor del sacrificio, ch'io conobbi esso litare stato accetto e fausto;che' con tanto lucore e tanto robbi m'apparvero splendor dentro a due raggi, ch'io dissi: >.Come distinta da minori e maggi lumi biancheggia tra ' poli del mondo Galassia si`, che fa dubbiar ben saggi;si` costellati facean nel profondo Marte quei raggi il venerabil segno che fan giunture di quadranti in tondo.Qui vince la memoria mia lo 'ngegno; che' quella croce lampeggiava Cristo, si` ch'io non so trovare essempro degno;ma chi prende sua croce e segue Cristo, ancor mi scusera` di quel ch'io lasso, vedendo in quell'albor balenar Cristo.Di corno in corno e tra la cima e 'l basso si movien lumi, scintillando forte nel congiugnersi insieme e nel trapasso:cosi` si veggion qui diritte e torte, veloci e tarde, rinovando vista, le minuzie d'i corpi, lunghe e corte,moversi per lo raggio onde si lista talvolta l'ombra che, per sua difesa, la gente con ingegno e arte acquista.E come giga e arpa, in tempra tesa di molte corde, fa dolce tintinno a tal da cui la nota non e` intesa,cosi` da' lumi che li` m'apparinno s'accogliea per la croce una melode che mi rapiva, sanza intender l'inno.Ben m'accors'io ch'elli era d'alte lode, pero` ch'a me venia > e > come a colui che non intende e ode.Io m'innamorava tanto quinci, che 'nfino a li` non fu alcuna cosa che mi legasse con si` dolci vinci.Forse la mia parola par troppo osa, posponendo il piacer de li occhi belli, ne' quai mirando mio disio ha posa;ma chi s'avvede che i vivi suggelli d'ogne bellezza piu` fanno piu` suso, e ch'io non m'era li` rivolto a quelli,escusar puommi di quel ch'io m'accuso per escusarmi, e vedermi dir vero: che' 'l piacer santo non e` qui dischiuso,perche' si fa, montando, piu` sincero. 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